Pressante urgenza di una sanità riumanizzta
21/04/2020

Coronavirus, una parola misconosciuta fino a
poche settimane fa, sta sconvolgendo ogni
paradigma sanitario, sociale e politico del
globo terraqueo ed ha tragicamente colto di sorpresa
un po’ tutti. Si dice che la pandemia in corso
sconvolgerà ogni aspetto della vita civile ma intanto
qualcosa è già cambiato e forse in via definitiva,
a cominciare dalla figura del medico e dal rapporto
che questi ha con il paziente il quale chiede
giustamente non soltanto la somministrazione di
terapie, ma di essere “curato” attraverso un rapporto
fatto anche di dialogo, di gesti e di parole, di
delicatezza e di empatia.
Un medico che torni alla sua vocazione originaria,
secondo cui chi assuma l’atto della cura si piega “clinicamente”
(clinico deriva dal
latino clinus cioè letto) sul malato,
lo ascolta cercando di capire
prima di tutto l’uomo, per
poi procedere all’atto propriamente
medico compiuto come
alla più cara delle persone:
e sta avvenendo che il medico,
al pari di altri operatori sanitari,
liberato dai lacci della burocrazia,
assume di buon grado
questa sua rinnovata relazione
con il sofferente surrogando anche alla vicinanza
dei familiari, oggi impossibile. Stiamo assistendo
a un processo di riumanizzazione della medicina,
impegnata a curare tutta insieme la persona
sia nella sua dimensione corporea sia nei suoi
aspetti etici, meno visibili.
Cionondimeno anche la base etica su cui si fonda
l’organizzazione delle strutture sanitarie ha subito
un brusco cambio d’indirizzo: le nostre battaglie a
difesa di un Servizio Sanitario unico solidale universale,
trovano oggi un’eco che non deve risuonare
come di chi rigurgita il classico «io l’avevo detto»,
ma tuttavia si è compreso come alcune scelte da noi
combattute siano risultate inefficaci. Pensiamo al
“regionalismo differenziato” che voleva spingere
verso la massima autonomia delle sanità regionali
al punto da chiederne anche una certa indipendenza
finanziaria. O la mancanza di reti cliniche
nazionali che mina alle basi il concetto di unicità
del servizio sanitario. Questa pandemia ha dimostrato
che o ci si salva tutti insieme o non ci si salva
affatto e che l’urto devastante del coronavirus necessita
di un sistema resiliente, capace di ammorbidire
uno scontro quando non può evitarlo.
È questo il tempo del coronavirus, ma anche il tempo
del coraggio, virtù cristiana a cui devono attingere
a piene mani gli operatori sanitari: coraggio e
diligenza ci porteranno fuori all’emergenza e occorreranno
poi per riprendere percorsi abbandonati
troppo in fretta per abbracciare sentieri impervi e
per niente sicuri.
Presidente Medici cattolici Marche e Macerata